27 gennaio 2007

ciao Emanuele...


"Noto soprattutto come sceno-grafo e illustratore, maestro in ogni campo dell'arte applicata.
Nato a Genova nel 1921, diplomato all'Ecole des Beaux Arts di Losanna, ha collaborato con registi, architetti, artisti e scrittori di fama internazionale. Espone nel '72 alla Biennale di Venezia; nel '75 è fondatore, con Aldo Trionfo e Tonino Conte, del Teatro della Tosse di Genova; autore di film di animazione con Giulio Gianini, otterrà due nomination all'Oscar.
Luzzati è interprete di una cultura figurativa abile e colta, capace di usare con maestria ogni sorta di materiale: dalla terracotta allo smalto, dall'in-treccio di lane per arazzi all'incisione su supporti diversi, ai collage di carte e tessuti composti per costruire bozzetti di scene, di costumi, di allestimenti navali. La ricchezza del suo mondo fantastico, l'immediatezza ed espressività del suo stile personalissimo, che parla il linguaggio universale dell'infanzia, ne hanno fatto uno degli artisti più amati ed ammirati nel nostro tempo.
La sera del 26 gennaio 2007 Lele Luzzati, serenamente, se n'è andato..."
[tratto da www.museoluzzati.it]

25 gennaio 2007

...alla terra.



E` morto anche Ryszard Kapuscinski. Anche, come tutti quei miti che avresti voluto incontrare una volta nella tua vita, e invece ritornano alla terra. Qualcuno che la terra l'ha vissuta, questa volta. (...)
Kapuscinski non era di sinistra, di destra, comunista o controrivoluzionario. Era contro il potere. La sua analisi della rivoluzione Iraniana e` meglio di qualsiasi saggio storico o sociologico o antropologico. Il popolo che non ce la fa piu`, con la polizia segreta dello Shah, la Savak, che tortura al primo starnuto, fa la rivoluzione. Scende per strada, chiede libertà di parola, di pensiero... ma per qualche motivo strano, assurdo, inconcepibile si ritrova Khomeini. Chiedete ad un Iraniano come sia possibile che un popolo cosi` evoluto si ritrovi un governo cosi`. Un mio amico 37enne: "Neanche i miei genitori lo hanno mai capito. Nessuno e` sceso in piazza a rischiare la pelle per ritrovarsi una dittatura religiosa... e invece." Le rivoluzioni, tutte, iniziano per una necessita`, ma poi sono i centri di potere ad averla vinta. Quello che parla meglio, che ha dalla sua la massa (e potere) del popolo ignorante --non del popolo non istruito, che' le dittature sono appoggiate da straccioni e nobiltà. Khomeini: "Un uomo che non ha mai sorriso."
Ebano, l'Africa. Un continente, dice, a cui l'Europa si e` attaccato come una sanguisuga dalle mille teste succhiando carne umana, non per uno ma per quattro secoli. I ribelli che pieni di alcol e marijuana lo picchiano, decidono di ammazzarlo e poi se ne dimenticano perché trovano qualcosa di più interessante. Non un minimo di rancore. O l'incontro tra due Africani: si incontrano, ridono. Grandi risate, a crepapelle. Poi, tra uno scroscio di risate e l'altro, cercano di capire se hanno qualche parente in comune. Il dittatore che occupa il palazzo e tutta la famiglia allargata, centinaia di persone, che piano piano lo raggiungono. La debolezza fisica dell'uomo bianco che al primo giorno di fornace si sente morire. L'impossibilita` di muoversi nelle ore più roventi della fornace. Il suo appartamento nella zona povera continuamente visitato dai ladri --e lui che chiaramente non trasloca. La malaria celebrale e lui che si sente morire quando gliela diagnosticano, senza soldi e col terrore di essere richiamato in patria. Lo scorpione che lo punge in faccia. Lui e la sua enorme guida che buttano un bidone su un cobra, loro due sul bidone, e il bidone che sembra un cavallo imbizzarrito.
In Imperium il terrore che sale piano nella Polonia sovietica. I genitori dei compagni di classe (scuola elementare) che spariscono uno a uno, poi anche il maestro, che lo chiama dal carro merci con cui lo deporteranno in Siberia. L'URSS che liberata la Polonia dai nazisti diventa mostro a sua volta.
La guerra del football non me l'aspettavo, ma anche il Sudamerica? non può lasciare una regione agli altri? Pero`... i due popoli che entrano in guerra dopo una partita di calcio. A causa del calcio! Sempre il furore della massa cieca, manzoniana e canettiana. La massa che osannava mascellone a piazza Venezia o i nuovi leader nei pala-tendoni.
Negus, alla faccia di chi, rastafari o radical-chic, parla dell'ultimo imperatore di Etiopia come di un capo illuminato. Ma davvero pensate che si possa tenere il potere in mano per decenni e restare puri, se mai lo si e` stati? Come dicevaElleKappa: "Andreotti, ma lei come fa ad avere la coscienza ancora pulita? Semplice, non la uso".
E il viaggiatore di In viaggio con Erodoto, chi l'ha letto senza sperare, un giorno, di identificarsi con uno dei due? Smettetela di viaggiare all'interno di cartoline illustrate. Non e` il tramonto nel deserto che riempie il cuore, e` lo sconosciuto che nel deserto ti offre l'ultimo litro d'acqua perché hai sete, che ti apre una finestra sul mondo.

Mario Alemi (peacelink-italia)

23 gennaio 2007

...qualcosa di innaturale


...cresce nella nostra natura.
Ed ora... BURRASCA!

20 gennaio 2007

...caldo da mare...


Henri Cartier-Bresson
"Transport amoureux: on nage comme on peut."
ITALY 1933

15 gennaio 2007

un angelo alla mia tavola


omaggio a janet frame

09 gennaio 2007

...di nuovo Nada. Ultimo atto


venerdì cinque gennaio anno duezerozerosette
in treno per civitanova marche, poi montecosaro.

E' qui che leggo le ultime pagine di Nada. Come un cerchio, il libro si chiude così come si è aperto. Gonfio di aspettative, proteso in avanti su di un futuro che sa e può portare cambiamento. Così si apre su una svolta forte, il cambio di città, l'arrivo a Barcellona per studiare, poi corre e scorre veloce scansito da tre parti che portano dentro tre nuovi, non grandissimi, passaggi, cmq importanti per il 'nostro' racconto, ed infine si chiude nuovamente e finalmente, al colmo dell'esasperazione e sull'orlo della follia, con la partenza per Madrid ed una nuova vita. Andrea, la protagonista io narrante, lascia Calle de Aribau dopo un anno di delusa esistenza. Magrissima di fame e povera. Sola. L'unico affetto acquisito a Barcellona sarà quello che la libererà dai legacci della casa di calle de Aribau e la porterà a spostarsi a Madrid.
Scritto nei primi anni '40 del secolo scorso, Nada vince il premio Nadal nel 1944 e si distingue tanto da esser definito dalla critica uno dei migliori romanzi del dopoguerra spagnolo. In Italia ci arriva, ma ora grazie alla borsa di studio vinta dalla una nuova traduttrice Barbara Bertoni alla 'casa del traductor' di Tarazona (Spagna), e grazie anche naturalmente ai tipi di Neri Pozza, torna in commercio con una edizione tutta nuova. Attrazione fatale è stato questo libro in libreria sin dalla sua fisicità sugli scaffali dell'affollatissima e ricchissima Feltrinelli di via Melo (Bari). Bello il titolo, bella l'immagine in copertina, bella la dimensione del volumetto, piccolo e compatto ma non breve, bella la carta tutta. Ora che ho messo lo zampino anche dietro le quinte della vita di un libro, dopo aver passato anni ad occuparmi della sua archiviazione e vendita o della sua raccolta per far nascere biblioteca, ora, dicevo, che sto avendo modo di curarne la genesi (fisica, non sono autrice!), dalla progettazione fino alla stampa di quello che sarà poi il suo 'corpo', ora so bene, ancora meglio di quanto tuttavia avevo già intuito, quanto sia complessa la sua semplicità, la sua eleganza, il suo equilibrio formale. A Bari l'ho preso in mano Nada, l'ho sbirciato e corteggiato. La fila alla cassa era così lunga, nella settimana che precede il Natale, che ho pensato bene di uscire senza acquistare nulla, senza acquistare 'nada'! L'ho fatto mio a Bisceglie, nella libreria Oompa Loompa di Agata Diakoviez dove ero in visita per la mostra della mia amica sorella Teresa. Tutt'altro clima naturalmente! Poi la lettura ha confermato quell'istintivo fiuto. Nada è un libro che corre veloce, è un libro scritto e tradotto benissimo. Benchè a tratti di una tristezza profonda, per le tematiche e le vicende di cui tratta, c'è fame solitudine e follia in questo libro, la scrittura resta sempre fresca e luminosa, lieve come un vapore, avvolgente e capace di restituire più di ogni altra cosa il clima umano ed intimo di Andrea nella Barcellona della sua giovane età. Mi ha stupito la modernità del linguaggio che pesca nel gergo parlato con estrema disinvoltura, cosa cui oggi siamo ben abituati ma nel '40 no, e che descrive eventi e sensazioni con una immediatezza bellissima, senza il filtro spesso inevitabile delle convenzioni del tempo. Questo mi ha dato da pensare. Non so ancora bene se questa è l'esatta cifra dell'autrice, Carmen Laforet, o (più probabilmente?) la differenza tra la nostra cultura e quella spagnola, che senz'altro mi è sempre parsa più brillante nel descrivere l'umanità senza far uso di pregiudizi, filtri e convenzioni. E' così sorprendente seguire il filo del racconto che è imperlato di luminose visioni sul mondo, sull'architettura della città vecchia, sul contesto cittadino e sulla 'fauna umana' che Andrea incontra lungo il suo cammino durato un anno della sua vita condivisa con noi... lettori. L'impressione è quella di avere una presa diretta con il suo pensiero, come se il passaggio in scrittura non avesse minimamente incrinato o intaccato la qualità della visione... L'autrice si è fatta così protagonista indiscussa e geniale della materia che racconta.
Da non perdere direi!